Ma come è potuto succedere?…

Antonio e Marta sono una giovane coppia che incontro per la prima volta in ambulatorio dopo che, telefonicamente, mi hanno annunciato la grande novità. Inaspettata, certamente, ma che li ha catapultati nel nuovo mondo delle coppie in dolce attesa. Dopo un paio di giorni di ritardo del ciclo, che era stato sempre puntuale, Marta ha acquistato un test di gravidanza in farmacia risultato francamente positivo. Poi, dietro mia richiesta, ha effettuato anche un prelievo di sangue che ha confermato la presenza di valori della beta-hcg (l’ormone prodotto dalla placenta) sufficienti a permettere di visualizzare la gravidanza con l’ecografia. Generalmente, con valori superiori a 1000-1500 unità è gia possibile individuare la camera gestazionale mediante l’ecografia standard, che è quella effettuata per via transvaginale. La prima ecografia è importante sia per confermare la presenza della gravidanza nell’utero (quella extrauterina, cioè che si sviluppa al di fuori dell’utero, è pericolosa e va individuata al più presto), sia per escludere patologie ginecologiche eventualmente presenti, come fibromi o malformazioni uterine.

Ed eccoli qui, emozionati e confusi. Pronti a porre mille domande. Si tengono per mano mentre Marta si sottopone all’ecografia. Mostro sul monitor un cerchietto nero al centro dell’utero. Eccola! La camera gestazionale è visibile ed è di circa un centimetro di diametro. “Allora sono veramente incinta?” mi fa, e volge ad Antonio uno sguardo amorevole. Ho nuovamente la certezza, come se ce ne fosse bisogno, che sono di fronte ad uno dei momenti più emozionanti e intensi della vita. “Ma il bambino non si vede?”. “Al prossimo appuntamento, – rispondo – perché adesso è troppo piccolo, quindi non riusciamo a vederlo”. Approfittiamo per discutere lo stile di vita che Marta dovrà condurre, gli accertamenti da effettuare, i farmaci e gli integratori alimentari da assumere, le cose da evitare. Risolti i primi dubbi e perplessità, ci diamo appuntamento nuovamente dopo 10 giorni.

Ritornano al secondo appuntamento con un po’ di ansia e con un foglietto in mano su cui hanno appuntato tutte le domande che avevano dimenticato di pormi al primo incontro. Nuovo colloquio e nuova ecografia. Stavolta il piccolino c’è! Davvero piccolino perché misura neanche un centimetro, ma è già chiaramente visibile il cuoricino che batte. Si emozionano nell’assistere in diretta a quella piccola pulsazione sul monitor, il segno inconfutabile di una nuova vita che è germogliata miracolosamente. Una piccola lacrima si affaccia sul viso di Marta. La felicità non è sempre così facile da dissimulare! Rinnovo qualche raccomandazione e fisso il prossimo appuntamento dopo un mese.

Quando arriva il giorno del nostro terzo incontro, arriva anche uno dei peggiori eventi che un ginecologo si trovi ad affrontare. Appena inizio l’ecografia mi rendo immediatamente conto che qualcosa non va. La camera gestazionale non è cresciuta come avrebbe dovuto, è di dimensioni nettamente inferiori al normale. Ma è la scoperta che il cuoricino non batté più a confermare i miei primi sospetti. Purtroppo, la gravidanza si è interrotta. Marta ha abortito. Un’esperienza che circa il 50% delle donne sperimenta almeno una volta nel corso della propria vita, secondo recenti statistiche.

L’aborto spontaneo è un evento piuttosto frequente: circa il 15-20% delle gravidanze accertate si interrompe nelle prime settimane. In molti casi, inoltre, la gravidanza finisce ancora prima che la donna scopra di essere incinta: sembra che questo succeda nel 50-70% dei concepimenti. Devo comunicare la brutta notizia ai genitori. Per me non è la prima volta, non sarà neanche l’ultima, ma è sempre così difficile trovare le parole giuste! Si accorgono dal mio insolito silenzio che qualcosa non va. Non parlano. Cercano di carpire qualcosa dal mio sguardo. Prendo ancora qualche secondo di tempo per ricontrollare l’assenza del battito ed avere la certezza assoluta di ciò che sto loro per dire. Mi organizzo mentalmente le parole, e soprattutto il tono, da usare: “Purtroppo non c’è battito, la gravidanza è interrotta. Mi dispiace molto”.

La prima reazione, quasi sempre, è di incredulità. “Dottore, – chiede Antonio – ma come è potuto succedere?”. “Stava andando tutto bene, non ho avuto nessun sintomo, nessuna perdita”, incalza Marta. Devo iniziare a fornire qualche spiegazione. “Alcune gravidanze, inspiegabilmente, si interrompono senza un motivo apparente, anche se, evidentemente, qualcosa non deve essere andata nel verso giusto. Le gravidanze possono interrompersi, per motivi diversi, a qualsiasi mese. È molto difficile, anzi quasi sempre impossibile, capire cosa sia successo”. Marta chiede “Ma può essere stata colpa mia? Posso aver sbagliato qualcosa?”. “No, – ribatto – non c’è stato assolutamente nulla di sbagliato. Non possiamo sapere nel caso specifico cosa sia successo, ma studiando i grandi numeri sappiamo che le cause di aborto spontaneo sono da attribuire, in primis, ad anomalie genetiche. Poi ci sono le infezioni: i virus talvolta possono essere innocui per la mamma, ma dannosi per il feto. Altre volte le cause possono essere immunologiche, cioè si sviluppano degli anticorpi che attaccano la gravidanza come se fosse un corpo estraneo. Tuttavia, un singolo episodio di aborto spontaneo non influisce sulla possibilità di gravidanze future”.

“E adesso cosa succede? Che si fa?”. A breve affronteremo insieme la scelta su come procedere: condotta di attesa (che l’utero si “pulisca” da solo con la mestruazione) o intervento chirurgico (raschiamento). Dovrò informare Marta sui vantaggi e i possibili rischi di entrambe le possibilità.

Mentre portiamo a termine la visita, il dolore per la perdita affiora dapprima velatamente, poi con prepotenza. Il pianto, prima o poi, è inevitabile. La vita che era miracolosamente iniziata nel suo grembo, altrettanto inspiegabilmente è svanita. Non importa se il bambino era formato o immaturo, grande o piccolo, tangibile o meno. La morte talvolta precede la nascita. Ci vorranno mesi, anni per elaborare il lutto. E non tutte le donne ci riescono completamente.

Chi di voi ha vissuto, o sta vivendo, un evento del genere può trovare informazioni, condivisione e conforto in alcune associazioni di auto-aiuto come “Ciao Lapo” (www.ciaolapo.it), una onlus per la tutela della gravidanza, della salute perinatale e della perdita di un figlio, fondata e gestita da persone che hanno vissuto un’analoga esperienza negativa, ma che da quella hanno tratto la forza per aiutare altre donne che soffrono una perdita.

Di gravidanze, quasi sempre, ce ne saranno altre. Ma quella, quella interrotta, probabilmente resterà per sempre in un angolo del cuore.

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